Il futuro delle HR: AI, competenze e nuovi modelli di lavoro

Il mondo delle risorse umane si prepara a una rivoluzione guidata da intelligenza artificiale, competenze fluide e nuovi modelli organizzativi.

Prevedere il futuro delle risorse umane è una sfida complessa in un’epoca di trasformazioni radicali e accelerate.

Da un lato, voci autorevoli come Josh Bersin, uno dei principali analisti del settore HR e del mondo del lavoro a livello mondiale, lanciano provocazioni destabilizzanti, sostenendo che le HR tradizionali siano destinate a scomparire.

Dall’altro lato, aziende specializzate come Randstad cercano di delineare trend concreti per aiutare le organizzazioni a navigare questo cambiamento epocale, offrendo una roadmap più pragmatica per il futuro immediato.

È il caso del Randstad Talent Trends Report 2025, uno studio globale che ha coinvolto oltre mille leader HR in 21 mercati, Italia inclusa. Il report non si limita a elencare i cambiamenti in atto, ma offre una bussola concreta per orientarsi nel nuovo “multiverso dei talenti” fatto di intelligenza artificiale, lavoro modulare, competenze fluide e mobilità interna. In questo articolo ripercorriamo brevemente gli insight più interessanti del report.

L’AI riscrive la cultura del lavoro

Il primo grande cambiamento è sotto gli occhi di tutti: l’intelligenza artificiale è entrata a pieno titolo nelle strategie HR. L’82% dei leader HR globali (74% in Italia) afferma che la propria azienda sta trasformando il modo in cui lavora e interagisce grazie all’AI. Non si parla solo di automazione, ma di strumenti che migliorano la talent experience, riducono i bias nei processi decisionali e favoriscono una gestione più equa e personalizzata.

Ma c’è un divario tra consapevolezza e azione: solo il 41% delle aziende globali usa l’AI per personalizzare la talent experience (in Italia il 37%) e meno della metà la impiega per identificare talenti interni con competenze specifiche. Eppure l’AI, se usata in modo etico, ha il potenziale per riscrivere radicalmente la cultura aziendale, favorendo inclusività, sviluppo e collaborazione.

Dall’organizzazione per mansioni alla “pixelizzazione” del lavoro

Un’altra trasformazione chiave è quella che il report definisce “pixelizzazione del lavoro”: spezzare i ruoli tradizionali in attività più piccole, modulari, da distribuire internamente o esternalizzare. È una logica che si sposa perfettamente con le possibilità offerte dall’AI e con la crescente richiesta di flessibilità da parte dei lavoratori.

Il modello organizzativo non è più centrato sul “posto fisso”, ma su una combinazione dinamica di full-time, freelance, automazione e mobilità interna. Il 45% dei leader prevede di usare l’AI per pianificare queste risorse in modo ottimale. In Italia, dove la cultura del posto fisso è ancora forte, questa tendenza sta emergendo più lentamente, ma i segnali sono chiari.

Lo skill-first mindset non è più un’opzione

La terza direttrice strategica riguarda l’approccio “skill-first”, ovvero un modello di gestione basato sulle competenze anziché sui ruoli, definito anche skill-based organization. È un cambio di paradigma profondo: oggi le competenze sono la nuova valuta del lavoro e lo saranno sempre di più in futuro, come spiega tra gli altri il Future of Jobs report 2025 del World economic forum.

 L’83% delle aziende globali (88% in Italia) ha già adottato o sta adottando un modello basato sulle competenze.

Ma non basta dichiarare le competenze come priorità. Serve mappare, monitorare, far evolvere continuamente le skill, soprattutto quelle legati all’analisi dei dati e all’uso dell’AI. Il 70% delle aziende italiane prevede di offrire formazione o reskilling ai propri dipendenti su questi temi.

Retention e mobilità interna: i nuovi imperativi

In un mercato del lavoro segnato dalla scarsità di talenti e dal progressivo invecchiamento della forza lavoro, la parola chiave diventa retention. Il 92% dei leader HR italiani presterà maggiore attenzione alla fidelizzazione del personale nel 2025. Ma come farlo?

Una delle risposte più interessanti è la mobilità interna. Secondo l’81% degli intervistati, sarà la principale leva per trattenere talenti e prevenire licenziamenti. Strumenti come i marketplace interni – già adottati da molte multinazionali – aiutano a far emergere competenze nascoste, assegnare progetti in modo più trasparente e offrire percorsi di carriera più ricchi senza dover cambiare azienda.

Uscendo per un attimo dal perimetro del report Randstad, una prospettiva interessante per affrontare il tema della retention è quella emersa durante il progetto Flow – Future lab on work, iniziativa di Assolombarda in collaborazione con la design company Logotel.

Uno degli incontri del progetto – inserito in un’iniziativa più ampia chiamata Circular HR volta a supportare le aziende associate ad Assolombarda sui temi legati alle sfide di People & Culture – è stato incentrato proprio su quali strategie attuare da parte delle aziende per trattenere persone e talenti.

Tra i vari insight dell’incontro, è da sottolineare la visione del Ceo di Logotel Nicola Favini, secondo cui per progettare una strategia di people retention efficace bisogna costruire legami: “Aziende e organizzazioni devono investire sulle relazioni, che sono rilevanti per tutte le generazioni: costruire e nutrire legami comunitari è fondamentale in ottica di retention perché più legami ci sono in una rete, più le persone sviluppano senso di appartenenza e sono portate a restare”.

Crescita per tutti (anche per i leader)

L’apprendimento continuo è un’altra leva fondamentale. Il 70% delle aziende ha aumentato il proprio budget per formazione, ma solo il 36% fornisce programmi specifici di leadership capaci di affrontare le sfide di un contesto sempre più dinamico. Eppure, preparare oggi i leader di domani è indispensabile, non solo per guidare il cambiamento, ma per renderlo sostenibile.

Il report evidenzia anche l’importanza di colmare i divari di competenze nella leadership, specie per affrontare temi come la diversity, l’adozione dell’AI, l’inclusione di talenti neurodivergenti e la gestione della complessità organizzativa.

Neurodiversità e AI: un’accoppiata potente

Proprio il tema della neurodivergenza è uno degli aspetti più interessanti del report. L’AI sta creando nuovi spazi di espressione per talenti con competenze spesso sottovalutate o trascurate: pensiero laterale, creatività, attenzione ai pattern. Questi profili, se ben supportati da tecnologie e processi inclusivi, possono rappresentare un enorme vantaggio competitivo.

Il 36% delle aziende italiane usa già l’AI per attrarre candidati con background diversi. Un buon inizio, ma serve fare di più per valorizzare questi profili anche nel percorso di crescita interna.

Non solo performance: valorizzare il potenziale

Una delle indicazioni più chiare del report è – infine – che la performance da sola non basta più. Nella nuova logica HR contano anche ambizione, motivazione, capacità di apprendimento. Il 41% dei leader considera il potenziale di apprendimento un criterio chiave nelle assunzioni junior, e il pensiero critico è visto come essenziale per i ruoli senior.

L’HR del futuro non seleziona “curriculum perfetti”, ma investe su percorsi di sviluppo personalizzati. E ancora una volta, l’AI è uno strumento prezioso per costruirli.

Italia: a che punto siamo?

In molti ambiti l’Italia segue il passo globale, ma con qualche ritardo. La cultura del lavoro è ancora legata a modelli tradizionali e l’adozione dell’AI è in fase intermedia. Ad esempio:

  • solo il 22% delle aziende italiane usa l’AI per cercare e attrarre talenti diversi (contro il 36% a livello globale),
  • il 69% prevede che i talent acquisition leader favoriranno la mobilità interna (contro l’80% globale),
  • l’88% ha già adottato modelli basati sulle competenze, superando la media internazionale (83%).

Questi dati suggeriscono un’elevata consapevolezza del cambiamento, ma anche la necessità di accelerare l’attuazione concreta delle strategie.

Riuscirà il nostro Paese ad affrontare e vincere sfide critiche per le risorse umane, tra cui la volatilità politica, la necessità di trattenere i talenti, l’agilità della forza lavoro, l’integrazione dell’AI e la leadership in tempi incerti?

L’adozione efficace dell’AI non è più opzionale; è essenziale per la gestione della forza lavoro, l’acquisizione di talenti e il processo decisionale.

Tuttavia, l’integrazione dell’AI deve essere accompagnata da una governance etica e da una leadership empatica, soprattutto in considerazione del fatto che l’intelligenza artificiale sta diventando sempre più “umana”, in grado cioè di offrire supporto emotivo e compagnia, oltre che migliorare la produttività.

Questo cambiamento in particolare richiede una riflessione profonda su come le organizzazioni gestiscono il benessere dei dipendenti e l’equilibrio tra tecnologia e umanità. È fondamentale che – da subito – le organizzazioni adottino strategie che bilancino l’innovazione tecnologica con il benessere dei dipendenti.