Come creare valore con la GenAI: casi d’uso per industry
Per generare valore reale e misurabile con la GenAI serve integrarla con metodo, visione strategica e attenzione al contesto, a partire da una mappa chiara dei casi d’uso.

Per generare valore reale e misurabile con la GenAI serve integrarla con metodo, visione strategica e attenzione al contesto, a partire da una mappa chiara dei casi d’uso.
L’intelligenza artificiale generativa sta attraversando un momento di forte entusiasmo, alimentato da applicazioni spettacolari e risultati spesso sorprendenti. Ma se nei mesi iniziali il dibattito si è concentrato su prompt, creatività automatica e chatbot conversazionali, oggi molte organizzazioni stanno ponendo una domanda più concreta: come generare valore reale e misurabile con la GenAI?
Nelle scuole di scrittura creativa si usa spesso l’espressione Show, don’t tell, traducibile in italiano come: “Non raccontare, mostra”. Con questo consiglio si evidenzia la maggiore efficacia di un approccio volto a far vedere le cose rispetto a uno in cui le si racconta o descrive.
È un po’ ciò che fanno Rob Thomas, Paul Zikopoulos e Kate Soule nel libro AI Value Creators pubblicato da O’Reilly. Nel quarto capitolo del loro volume, si sottolinea come non basti “provare” l’intelligenza artificiale. Serve progettarne l’integrazione con metodo, visione strategica e attenzione al contesto, a partire da una mappa chiara dei casi d’uso.
È proprio questo il punto: la GenAI non è una tecnologia “a taglia unica”. Il suo valore dipende fortemente dall’industry, dai dati disponibili, dai processi esistenti e dalla maturità digitale dell’organizzazione.
In questo articolo, partendo da quanto contenuto nel libro citato, esploriamo come costruire casi d’uso efficaci, quali sono gli archetipi più diffusi e come la GenAI può trasformarsi da esperimento ad asset strategico per settori diversi.
Uno degli errori più comuni nell’adozione della GenAI è pensare che basti un “test” per valutare il potenziale. Ma in un modello di integrazione dell’AI in cui si aggiunge semplicemente l’intelligenza artificiale a processi esistenti, senza ripensarli, il valore resta spesso limitato, frammentario e poco sostenibile.
Il vero salto avviene con il passaggio a quello che gli autori del libro definiscono modello AI+. In questa visione, non si tratta di integrare l’AI come strumento ausiliario, ma di ripensare processi, prodotti e relazioni mettendo l’intelligenza artificiale al centro. Questo approccio richiede di partire dai casi d’uso, non dalla tecnologia. Di chiedersi: qual è il problema che vogliamo risolvere? Quale processo può essere reinventato? Quale impatto possiamo generare per clienti, dipendenti o partner?
Il risultato è un nuovo tipo di progettazione, più simile a quella dei prodotti digitali che a un classico progetto IT. Servono multidisciplinarietà, ownership diffusa, metriche chiare, iterazione continua.
Nel costruire casi d’uso, gli autori propongono una classificazione per archetipi: modelli ricorrenti che, seppur adattabili a ogni settore, permettono di orientare meglio gli investimenti. Tra i più rilevanti ci sono:
1. Automazione della conoscenza
La GenAI è straordinariamente efficace nell’assorbire, sintetizzare e restituire informazioni. In settori con grande densità documentale – come il settore legale, assicurativo, la sanità o la Pubblica amministrazione – diventa uno strumento per ridurre drasticamente il tempo di ricerca, redazione e revisione. Generare report, riassunti, contratti o risposte complesse con prompt ben progettati consente di liberare ore di lavoro ogni settimana.
2. Assistenza operativa e agenti autonomi
Nel retail, nella logistica o nel customer service, la GenAI può essere impiegata per costruire agenti virtuali che interagiscono con i sistemi aziendali (CRM, ERP, knowledge base), prendono decisioni guidate da policy e apprendono nel tempo. Non si tratta più di semplici chatbot, ma di agenti multi-step in grado di orchestrare attività reali.
3. Personalizzazione scalabile
Nel marketing, nella formazione, nella comunicazione interna – come ad esempio nelle intranet o nelle digital community aziendali progettate dalla design company Logotel per i suoi clienti – la possibilità di generare contenuti personalizzati per persona o segmento rappresenta una rivoluzione. Non più messaggi standardizzati, ma contenuti dinamici, costruiti sulla base di comportamenti, preferenze, obiettivi individuali.
4. Supporto alla creatività tecnica
In ambiti come l’ingegneria, la R&D o la progettazione di software, la GenAI aiuta a esplorare alternative, a generare documentazione, a testare ipotesi. Non sostituisce l’expertise, ma moltiplica la capacità di esplorare e validare scenari, accelerando l’innovazione.
Il valore della GenAI cambia radicalmente in base al settore in cui viene applicata. Ecco alcuni esempi concreti.
Nel settore farmaceutico, la Generative AI può essere usata per accelerare la scoperta di farmaci, generando molecole candidate a partire da specifici obiettivi terapeutici. Ma può anche servire al medical affairs per redigere e tradurre rapidamente documentazione regolatoria, o per semplificare la formazione tecnica interna su prodotti complessi.
Nella manifattura, la GenAI ha un ruolo nella documentazione tecnica, nella manutenzione predittiva assistita da modelli linguistici, nella formazione degli operai attraverso sistemi conversazionali integrati in ambienti industriali. Il vantaggio è spesso l’integrazione con dati visivi, sensoristici o storici.
Nel mondo finanziario, la generazione automatica di report di analisi, la gestione documentale regolatoria e la creazione di strumenti di assistenza alla consulenza stanno già riducendo costi e aumentando la compliance. Qui, la sfida è combinare AI generativa con sistemi di controllo stringenti e explainability.
Nella Pubblica amministrazione, la GenAI può migliorare l’accesso ai servizi per i cittadini, automatizzare comunicazioni standard, semplificare bandi e modulistiche. Ma richiede attenzione ai bias, alla trasparenza e alla lingua naturale locale.
Uno strumento utile per orientare la selezione dei casi d’uso è la Use Case Value Creation Curve, che mette in relazione impatto potenziale e fattibilità. In basso a sinistra troviamo gli use case a basso impatto ma molto semplici da implementare – buoni per iniziare e creare slancio. In alto a destra quelli strategici, più complessi ma altamente trasformativi.
L’obiettivo non è fare tutto subito, ma costruire una roadmap che bilanci quick win e progetti strutturali. I migliori percorsi di adozione partono da un caso d’uso ben selezionato, misurabile, con un chiaro sponsor, e scalano attraverso il riuso di prompt, dataset e modelli in altre aree.
Ogni caso d’uso AI, per funzionare davvero, deve nascere con una struttura chiara. Gli elementi fondamentali sono:
Uno degli ostacoli più ricorrenti è il passaggio dal progetto pilota all’adozione in produzione. Molti team costruiscono proof of concept (POC) interessanti che però non vengono mai integrati nei processi reali. Le ragioni? Mancanza di sponsor, mancanza di governance chiara, sistemi legacy difficili da connettere, o mancanza di team che possano “prendersi cura” del modello una volta operativo.
Per evitarlo, serve pensare alla scalabilità già dalla fase di ideazione. Coinvolgere chi dovrà usare il sistema. Progettare l’onboarding. Prevedere il retraining. E soprattutto, riconoscere che un sistema AI è un prodotto vivente, non un progetto “finito”.
Creare valore con la GenAI non significa usare il modello più potente, ma il più adatto. Quello che risponde meglio a un problema reale, con dati accessibili, e che può essere messo in produzione con strumenti già presenti in azienda. Il vero valore nasce dall’integrazione: tra tecnologie, tra persone, tra visione e operatività.
Il futuro non sarà dominato da chi ha più GPU, ma da chi saprà progettare casi d’uso scalabili, misurabili, etici e utili. E questo inizia con una semplice domanda: che problema vogliamo davvero risolvere, per chi?