L’intelligenza artificiale e l’AI generativa sono ovunque: lavoro, servizi e prodotti, tempo libero. Ma quanto ne sanno, le persone, di intelligenza artificiale? Qual è il livello di alfabetizzazione su questi temi, la cosiddetta AI literacy?
Prendiamo in esame un paio di dati. Quasi la metà della popolazione dell’Unione europea non possiede ancora conoscenze digitali di base. E in Italia va ancora peggio: secondo il Desi, l’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società dell’Ue, solo il 45,7% degli individui tra i 16 e i 74 anni ha un livello di alfabetizzazione digitale almeno basico.
I dati sono relativi al 2023, quindi qualcosa può essere cambiato nel frattempo. Ma evidenziano un grande gap: se non si possiedono nemmeno le competenze digitali di base, come si può utilizzare con consapevolezza una tecnologia così potente e rischiosa come l’intelligenza artificiale e l’AI generativa?
Anche per questo motivo l’Unione europea è corsa ai ripari: entro il 2030 vuole portare il livello di alfabetizzazione digitale di base almeno all’80%, nell’ambito del programma Digital decade policy. E, soprattutto, ha reso obbligatoria la AI literacy, cioè quel livello di conoscenze di base che consenta alle persone di acquisire consapevolezza su opportunità e rischi legati all’intelligenza artificiale.
Un articolo del recente AI Act infatti impone ai fornitori e agli utilizzatori di sistemi di intelligenza artificiale di garantire un sufficiente livello di alfabetizzazione in tema di AI per le persone che li utilizzano. E questo comporta, per aziende e organizzazioni, la necessità di progettare e implementare iniziative per formare le proprie persone sulla AI literacy, in maniera da essere compliant con la normativa.
Ma come si insegna l’intelligenza artificiale? È un dibattito aperto, perché è una materia che evolve così in fretta da sfidare le tradizionali modalità formative, lasciando spazio a nuovi approcci come il community learning o iniziative più sperimentali.
In questo articolo parliamo di cos’è l’AI literacy, forniamo alcuni dati sul livello di alfabetizzazione in Europa e vediamo, attraverso l’esperienza concreta della design company Logotel, come portare avanti con efficacia iniziative di alfabetizzazione, training e adoption sull’intelligenza artificiale.
Qual è il significato di AI literacy
Come già accennato, per AI literacy si intende l’insieme di competenze che permettono agli individui di valutare criticamente le tecnologie AI, comunicare e collaborare efficacemente con l’intelligenza artificiale, e utilizzarla come strumento nel lavoro quotidiano.
L’Unesco sottolinea anche l’importanza della dimensione umana. Per l’agenzia dell’Onu specializzata in educazione, cultura e scienza, l’AI literacy significa possedere competenze sia nella dimensione umana che in quella tecnologica dell’intelligenza artificiale, a un livello appropriato per l’individuo, cioè in base alla sua età e ai suoi interessi.
La differenza tra digital literacy e AI literacy
A differenza dell’alfabetizzazione digitale, l’AI literacy richiede sforzi in più: bisogna comprendere i meccanismi di machine learning, avere la capacità di identificare bias algoritmici – cioè capire quando le macchine vengono addestrate su database pregiudizievoli – e l’abilità di integrare eticamente l’AI nei processi decisionali aziendali.
Senza entrare troppo nel dettaglio, per avere un’idea della complessità della materia basta pensare al lavoro che la Commissione europea sta facendo sul DigComp 3.0, l’evoluzione del quadro di riferimento europeo per le competenze digitali dei cittadini (Digital competence framework for citizens).
La principale novità del DigComp 3.0, che dovrebbe essere pubblicato alla fine del 2025, sarà l’integrazione nel framework della AI literacy e delle competenze legate all’intelligenza artificiale, riconosciuta come elemento trasformativo che richiede un framework dedicato.
Il framework struttura l’AI literacy in quattro domini principali con 22 competenze specifiche:
- Engaging with AI (Come interagire con l’AI): che si focalizzerà sull’utilizzo dell’AI per generare contenuti, sulla comprensione dei sistemi di raccomandazione, sull’interazione efficace con chatbot e assistenti virtuali;
- Creating with AI (Creare con l’AI): incentrato sulla collaborazione creativa uomo-macchina, sull’uso di strumenti AI per design e produzione e sull’integrazione dell’AI nei processi creativi;
- Managing AI (Gestire l’AI): focalizzato sulla scelta consapevole degli strumenti AI appropriati, sulla valutazione di quando usare o non usare l’AI e sulla gestione dei rischi e delle implicazioni etiche;
- Designing AI (Progettare l’AI): con focus sulla comprensione del funzionamento degli algoritmi, sulla valutazione degli impatti sociali dell’AI e sulla partecipazione allo sviluppo responsabile dell’AI.
Cosa prevede l’AI Act in tema di AI literacy: obblighi e sanzioni
L’AI Act approvato dai Paesi dell’Unione europea è il primo quadro normativo completo al mondo per regolamentare l’intelligenza artificiale. È entrato in vigore ad agosto 2024, ma prevede una serie di step e un’applicazione graduale che si concluderà – a meno di rinvii e cambiamenti in corsa – nell’agosto del 2027.
Già a partire da febbraio 2025 è però in vigore un articolo specifico dell’AI Act dedicato all’AI literacy, l’articolo 4. Questa norma impone ai fornitori (chi sviluppa e commercializza) e agli utilizzatori (chi usa sistemi AI in contesto professionale) di sistemi di intelligenza artificiale di:
“Adottare misure per garantire, nella migliore misura possibile, un livello sufficiente di alfabetizzazione in AI tra il proprio personale e le altre persone coinvolte nell’operazione e nell’uso dei sistemi AI per loro conto, tenendo conto delle loro conoscenze tecniche, esperienza, istruzione e formazione, nonché del contesto in cui i sistemi AI verranno utilizzati e delle persone o gruppi di persone su cui i sistemi AI avranno un impatto”.
Lo stesso AI Act fornisce la definizione esatta di AI literacy in un altro articolo: “Le competenze, le conoscenze e la comprensione che consentono ai fornitori, ai deployer e alle persone interessate, tenendo conto dei loro rispettivi diritti e obblighi nel contesto del presente regolamento, di procedere a una diffusione informata dei sistemi di IA, nonché di acquisire consapevolezza in merito alle opportunità e ai rischi dell’IA e ai possibili danni che essa può causare”.
Come possono aziende e organizzazioni conformarsi alle disposizioni previste in termini di AI literacy? E cosa rischiano se non lo fanno? Per rispondere a queste domande, la Commissione europea ha pubblicato una serie di Faq (frequently asked questions) chiarendo che, per conformarsi all’Articolo 4, fornitori e utilizzatori di sistemi AI dovrebbero come minimo:
- garantire una comprensione generale dell’AI all’interno della propria organizzazione, assicurandosi che le persone sappiano rispondere a domande quali: Cos’è l’intelligenza artificiale? Come funziona? Quale AI viene utilizzata nella nostra organizzazione? Quali sono le sue opportunità e i suoi pericoli?
- considerare il ruolo della propria organizzazione, per sapere se sta sviluppando sistemi di AI “proprietari”(come corporate LLM) o sta utilizzando sistemi sviluppati da altri;
- considerare il rischio dei sistemi di AI forniti o utilizzati;
- costruire concretamente le proprie azioni di alfabetizzazione all’AI sulla base dell’analisi precedente, considerando sia le differenze di conoscenze tecniche, esperienza, istruzione e formazione del personale, sia il contesto in cui i sistemi di AI devono essere utilizzati.
Saranno i singoli Stati a dover adottare a livello nazionale l’articolo 4 dell’AI Act dal 2 agosto 2025. A partire da quella data, chi non sarà compliant con quanto previsto rischia di incorrere nelle conseguenze legali e nelle sanzioni previste dalle specifiche autorità nazionali garanti del mercato, ricordando comunque che l’UE prevede un approccio sanzionatorio proporzionato per quanto riguarda l’AI Act.
Come promuovere la AI Literacy: il caso Logotel
La necessità per aziende e organizzazioni di essere in regola rispetto all’articolo 4 dell’AI Act impone di progettare percorsi formativi ad hoc sulla AI literacy. Ma questo porta a una serie di questioni: come si promuove l’AI literacy? E, più in generale, come si insegna l’intelligenza artificiale?
Molte delle aziende che stanno cercando di adottare l’intelligenza artificiale e promuoverne il suo utilizzo tra le proprie persone, si stanno rendendo conto che non sempre i tradizionali approcci formativi funzionano quando si tratta di AI e di Gen AI.
In un’intervista pubblicata sul Sole 24 Ore, il CEO di Logotel Nicola Favini ha spiegato quale può essere il motivo: “L’AI non vive di teoria ma di pratica, è difficile trovarla nei libri, ed è, quindi, più facile che viva nelle tante sperimentazioni che le persone possono fare e nella messa a fattor comune delle esperienze”.
Sono proprio la dimensione collaborativa e la sperimentazione che guidano le iniziative portate avanti dalla design company per promuovere la conoscenza, il training e l’adoption sui temi di AI e generative AI al proprio interno e con i propri clienti.
La dimensione collaborativa trova la sua massima espressione nell’approccio community-driven che è alla base di alcuni progetti concreti di adoption di Gen AI portati avanti da Logotel, come ad esempio la community di adozione di Copilot Dojo, sviluppata per Italgas.
L’invito a sperimentare, la condivisione di sessioni di pratica hands-on, il confronto continuo e il supporto di pari nelle community di pratica sono tutti aspetti che caratterizzano il modo con cui Logotel si interfaccia con l’intelligenza artificiale. L’obiettivo non è solo apprendere e allenare skill, ma soprattutto accompagnare le persone a cambiare il proprio mindset.
Ecco perché, in Logotel, si parla di Digital mAIndset: un approccio formativo e trasformativo che unisce adozione dell’AI, sperimentazione pratica, collaborazione tra pari e cultura della community.
Il Digital mAIndset si sviluppa attraverso percorsi strutturati in piccoli team, con l’obiettivo di:
- mappare attività quotidiane a basso valore aggiunto;
- semplificare il lavoro con strumenti AI come Copilot e GPTs;
- sperimentare soluzioni e creare agenti personalizzati;
- diffondere una cultura dell’innovazione e della collaborazione.
Con il Digital mAIndset si supera la formazione tradizionale per arrivare a progettare e animare un ecosistema di apprendimento e trasformazione che:
- abilita le persone all’uso consapevole dell’AI;
- favorisce la collaborazione e la condivisione;
- genera impatti concreti su produttività, innovazione e cultura aziendale.
In conclusione
L’AI literacy rappresenta oggi un imperativo strategico non più rinviabile per aziende e organizzazioni. Con l’entrata in vigore dell’articolo 4 dell’AI Act, la formazione sull’intelligenza artificiale passa da opportunità a obbligo normativo, con potenziali sanzioni per chi non si adegua.
Il paradosso italiano – dove solo il 45,7% della popolazione possiede competenze digitali di base – rende questa sfida ancora più complessa ma anche più urgente. Le organizzazioni devono agire ora, progettando percorsi formativi che vadano oltre i tradizionali modelli di apprendimento.
L’esperienza di realtà come Logotel dimostra che l’AI literacy si costruisce attraverso la pratica, la sperimentazione e la condivisione e la collaborazione. Il Digital mAIndset e le community di pratica rappresentano modelli replicabili per trasformare un obbligo normativo in un’opportunità di crescita e innovazione.