AI+: trasformare il business oltre l’AIndividualismo

In tema di intelligenza artificiale, la vera domanda che dovremmo porci non è cosa vogliamo fare con l’AI, ma cosa vogliamo davvero fare con il nostro business, con le nostre imprese e organizzazioni. L’approccio AI+ di Logotel invita ad aumentare la prospettiva, andando oltre l’uso individualistico della tecnologia. Solo sviluppando ecosistemi collaborativi tra persone, team e AI possiamo generare valore reale che abbia senso per le nostre imprese, organizzazioni e comunità.

L’ultimo Artificial intelligence Index report di Stanford rivela che il “business is all about AI“. L’intelligenza artificiale traina gli investimenti, ma spesso si ferma ai soli benefici sulla produttività.

In un contesto terremotato da incertezze, tuttavia, la produttività non è l’unica chiave.

La vera domanda che dovremmo porci non è cosa vogliamo fare con l’AI, ma cosa vogliamo davvero fare con il nostro business.  

Il contesto di frontiera

Viviamo in un’era di innovazione di frontiera. DeepSeek, ChatGPT Deep Research, ChatGPT Operators, ManusAI, Sora, Google AI Studio, Autonomous Agents, Copilot Studio e Chat GPT Terminal sono solo alcuni esempi di come i grandi attori dell’AI rilascino strumenti e funzionalità a una velocità estrema, rendendo impossibile stare al passo con tutto

Il “momento DeepSeek” ha ulteriormente accelerato questo fenomeno, con l’affermarsi dei modelli reasoner, degli operator e delle funzionalità di deep research. Gradualmente, gli agenti stanno evolvendo per interagire con altre applicazioni in maniera semi-autonoma. 

Il contesto delle nostre imprese è frastagliato, immerso in un tempo che l’esperto di leadership e organizzazioni Timothy Tiryaki ha definito FLUX: Fast (veloce), Liquid (liquido), Uncharted (inesplorato), eXperimental (sperimentale). 

FLUX deriva dal latino fluxus, che significa “scorrere”. Descrive un ambiente non stabile, in continuo cambiamento: come un fiume in piena o un sistema che si adatta in tempo reale. 

Oggi le regole del gioco cambiano costantemente, le organizzazioni devono essere fluide, le persone devono adattarsi rapidamente e non esiste una strada fissa, ma un processo continuo di ridefinizione. Siamo dentro un flusso costante di cambiamento. Se ti fermi, vieni travolto. 

Ripartire dai comportamenti

Noi, le persone, affrontiamo e viviamo l’AI in modi profondamente diversi. C’è chi per ruolo, necessità o attitudine deve o ama sperimentare (ma può incaponirsi, con effetti collaterali sulla produttività); persone che la usano in solitudine, che trovano soluzioni e le tengono per sé (limitando i benefici a piccoli granelli di sabbia); gli sfiduciati, rimasti vittime di un’allucinazione (che ne riducono l’utilizzo); e chi vorrebbe usarla ma non sa da dove partire e infine i leader che oggi, a volte, rappresentano un “tappo” per l’innovazione. 

In questa frontiera frastagliata, c’è chi rimane indietro, chi sperimenta, chi segue ogni trend. Ma cosa guida le nostre scelte? Su cosa investire le nostre energie? In un contesto reticolare come quello attuale, come possiamo cambiare passo? 

L’AI da sola non basta. I metodi lineari, individualistici e isolati non funzionano. Le Generative AI sono ancora concepite principalmente come strumenti per l’utilizzo individuale, modellati sulle suite di produttività. Per crescere nel tempo la chiave è come le persone nei loro team, nelle loro comunità, nelle reti di prossimità e di pratica collaborano e si relazionano tra loro e con le AI.  

Da AI a AI+: un nuovo approccio

L’AI da sola non basta. Noi da soli non bastiamo, abbiamo bisogno di muoverci insieme collaborando e provando tutti i giorni. Senza movimento nella realtà non c’è comprensione, né azione, né reali impatti. La sfida non è l’AI in sé, ma le nuove dinamiche di interazione, relazione e collaborazione.

Per generare valore e aumentare la scala dell’impatto è fondamentale cambiare prospettiva: da AI a AI+. Questo significa creare fiducia e potenziare le relazioni, gli scambi, i legami tra persone, team e intelligenza artificiale. 

È necessario sviluppare ecosistemi di impresa collaborativi di nuova generazione, adottando un approccio di Impact Design People & Community driven. Abbiamo bisogno di creare servizi nativi AI che lavorino sui benefici collettivi, non solo individuali; di concentrarci sulla rilevanza degli agenti ai quali diamo forma, non sulla semplice completezza di una risposta; di interpretarli come nuovi colleghi ai quali affidarci. 

I tre pilastri dell’approccio AI+

Progettare rilevanza, utilità e piacevolezza. Per orientare le nostre scelte e investire meglio le nostre energie, dobbiamo comprendere “come” gli strumenti AI influenzano la nostra quotidianità, condividendo casi d’uso concreti più che teorie sull’intelligenza artificiale. Capire quali esperienze sono rilevanti e belle (che hanno significato per me, per noi, il nostro team, comunità). La piacevolezza è una chiave per ingaggiare, avvicinare le persone e sostenere le relazioni e la collaborazione nel tempo. 

Nutrire ambienti positivi, per alimentare scambi continui nel quotidiano. Le AI sbagliano, ma con il giusto supporto le possiamo correggere e migliorare. Una delle esperienze più frustranti e pericolose è lo spaesamento che sorge quando uno strumento cui è stata delegata una parte significativa della creazione del valore delude o addirittura “tradisce”. La gestione dell’errore resta una delle sfide più significative del business, e il giusto ambiente umano va sempre nutrito e coltivato anche per affrontare questa sfida. Per questo abilitare spazi, tempi in cui le persone applicano, scambiano, si confrontano con competenze diverse permette di avvicinare le distanze tra chi sa e chi non sa e favorire l’emergere di un knowledge collettivo dinamico. 

Ampliare i perimetri di collaborazione nel quotidiano, per far nascere nuovi contesti di applicazione. Incrociando più prospettive, gli output dell’AI vanno oltre un testo, un’immagine o un video ben formati ma potenzialmente poco utili. Serve valorizzare le reti di prossimità, di pratica, per sostenere nel tempo nuovi modelli di lavoro, di azione. 

AI+ Collaborazione: una nuova prospettiva

La vera sfida non è usare l’AI, ma coinvolgere, apprendere e far evolvere le nostre organizzazioni. Dobbiamo dare a tutti i ruoli nelle nostre organizzazioni le capacità di immaginare, in un flusso di interazioni tra ruoli tecnici e commerciali. È necessario superare le dinamiche lineari di apprendimento con nuove pratiche di skill building basate su sperimentazioni e condivisione, aumentando le possibilità di confronto tra Agenti, AI team e tutti gli ecosistemi estesi per mettere al servizio le capacità di risposta immediate con nuove dinamiche di presenza. 

Conclusione

La sfida non è l’AI in sé, ma le nuove dinamiche di collaborazione e relazione che essa permette di sviluppare. Siamo ancora noi i soggetti d’iniziativa e, per esserci domani e in futuro, è necessario agire, sperimentare e collaborare oggi. Lo strumento è talmente (o apparentemente) semplice da usare che le domande diventano ancora più radicali: che cosa vogliamo davvero fare? Non “con l’AI”, ma “con il nostro business”? 

Se il problema è l’efficientizzazione di una procedura o di un processo, la delega all’AI paga. Ma se lo scopo è un incremento dell’intelligenza di un’impresa o di un’organizzazione, allora la via è quella della differenziazione delle capacità. L’AI deve svolgere attività differenti e non simulanti le capacità umane. 

L’intelligenza artificiale si offre come una potenziale nuova trama nelle nostre imprese, una piattaforma di connessioni che esige l’abilitazione di linguaggi adeguati e contenuti innovativi. In definitiva, la sfida dell’AI è la sfida di ciò che ci caratterizza come intelligenze non artificiali. Un team vivo e collaborativo diventa perciò una forma di resistenza umanistica al rischio di lasciarsi risucchiare dall’AI, permettendoci di trasformare il business oltre l’AIndividualismo attraverso ecosistemi collaborativi People & Community driven. 

È una responsabilità che abbiamo. Godiamoci il viaggio! 

Articolo di Cristina Favini – Co-founder, General Manager & Chief Design Officer Logotel