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Caro manager, la tua impresa può dissolversi

Quando scompare il centro di gravità fisico delle organizzazioni, i manager devono occuparsi di costruire un nuovo “collante” per le persone.

Attenzione, questa organizzazione si autodistruggerà fra 10…9… 8… mesi. Ed è colpa tua.

Ok, adesso che ho attirato la tua attenzione – caro manager – ti spiego perché sono molto preoccupato di quello che sto vedendo in giro. Le cose, là fuori (nel senso di fuori da Microsoft Teams), sono regolate da leggi potenti e inossidabili come la forza di gravità di Newton, la “Regola dell’amico” di Max Pezzali, i bisogni primari di Maslow e non solo. Ok, cose vecchie e dette e ridette ma ancora importanti.

Le organizzazioni hanno perso il proprio centro di gravità fisico

Dopo marzo 2020 le organizzazioni si sono sparpagliate perdendo il proprio centro di gravità fisico spesso sostituito da un niente cosmico. Mentre si lavorava per la business continuity, molte imprese si sono proiettate nel “tutti a casa” – evviva il remote working, ce la faremo! – credendo che bastasse per proteggere il bene più prezioso, le persone. Passano i mesi e, passata l’emergenza, adesso tutti sono presi da progetti di reframing del business post-Covid19 e da grandi riorganizzazioni. Mentre le persone spesso sono ancora a casa o preda di scoordinati rientri sui posti di lavoro. Quando va bene, con stop & go di processi di smart working che risentono di un mix mortale composto da interpretazioni del ritmo di lavoro pandemico e (im) preparazione dei leader nel governare le persone (e non il business) in tempi incerti.

Tutti sono collegati, ma nessuno è in contatto

Morale: i vecchi modelli organizzativi non hanno saputo sostituire la “massa” del luogo di lavoro fisico con una forza di attrazione capace di funzionare in un universo ibrido. Le identity aziendali si sono indebolite, la vision sfocata, persi i riti veri di costruzione e trasmissione di cultura. I nuovi arrivi in azienda stanno invecchiando senza aver vissuto l’impresa. È in corso una pericolosa forma di disgregazione: tutti sono collegati, ma nessuno è in contatto. Le persone si sentono meno parte del progetto, non sanno mettere in equilibrio i bisogni dell’io – concreti e quotidiani come le mura di casa – con quelli dell’impresa, ormai mediata solo da riunioni online, suite di collaboration e chat di gruppo. E quando si torna in sede, le preoccupazioni riguardano cartelli, semafori, app di prenotazione dei posti. Il tema più importante: come ripopolare di vera e nuova vita i pianeti del lavoro, nel migliore dei casi, è solo un proclama. Le aziende così perdono massa. Le persone si allontanano, nel migliore dei casi con la testa, nel peggiore (ma non so cosa sia meglio) dando dimissioni alla ricerca di pianeti migliori.

Le organizzazioni sono fatte di legami: è ciò che tiene unite le persone

I manager che si occupano di dare senso, creare legami, animare i nuovi modelli di lavoro, creare appuntamenti (e non solo scadenze) sono pochini e prima o poi si stancano, se non supportati. Gli altri sono sempre presenti quando c’è da discutere sulle logiche del “cosa” fare (per garantire le perfomance), ma sono non-pervenuti quando c’è da affrontare il “come” fare qualcosa in modo nuovo.

Ok, direte voi, stiamo organizzando il futuro e stiamo riflettendo sulle nuove organizzazioni. Roma non fu fatta in un giorno. Vero!

Ma attenzione: la velocità con cui si deteriorano le organizzazioni vecchie è incredibile. Quando si rompe il patto di fiducia tra chi organizza e chi lavora è difficile aggiustarlo. Manca la colla. Perché le organizzazioni sono fatte prima di tutto di legami. Quello che tiene unite le persone. Che sia uno stile, una visione, un metodo, un rito, una canzone, un luogo, una cultura. Le persone non sono organizzazioni ma le organizzazioni sono fatte di persone.

Come vogliamo ricreare la forza di gravità che tiene uniti? Come produrre legami e relazioni? Come ricaricare di ossitocina e dopamina gruppi di lavoro stremati? Fatelo presto. E fatelo credendoci e con spirito bello. La nostra generazione ha l’onore di partecipare alla sfida di rifondare le modalità con cui lavoriamo. È un privilegio, è una responsabilità da non sprecare. Diamoci dentro. E come dice un proverbio cinese: “divertiti, è più tardi di quello che pensi”.

Articolo di Nicola Favini, CEO Logotel – Pubblicato su Weconomy 15 – Ufo. Unidentified Future Organizations